| ^ALL^ |
| | Realtà e Disillusione CITAZIONE La sovraesposizione mediatica di Massimo Ciancimino
In una conversazione il superteste della trattativa tra Stato e mafia si definisce "icona dell’antimafia", come suo padre lo fu della mafia politica, millantando di muoversi tra procure e divise con la stessa logica "vincente" di don Vito: fare favori per ottenere favori
Promette intrusioni fraudolente nel registro degli indagati della Procura e recluta avvocati che insegnano “all’Accademia della Guardia di Finanza’’. Si propone come corriere per portare contanti (“non ho problemi, con la scorta passo ovunque’’) e di offrire I-Phone in regalo per corrompere funzionari. E alla fine rivela il suo problema principale: “Far rientrare dalla Francia cinque milioni di euro che stanno lì a fare la muffa’’. L’orecchio attento delle intercettazioni (sempre benedette, in questo Paese che offre il suo vero volto solo al riparo dai riflettori) capta i discorsi di Ciancimino jr, a colloquio a Verona con un imprenditore sospettato di essere vicino alla ‘ndrangheta. E incontrato il 1 dicembre scorso da Ciancimino jr che ha eluso per qualche ora la sorveglianza della sua scorta.
Nella conversazione il superteste della trattativa tra Stato e mafia si definisce “icona dell’antimafia”, come suo padre lo fu della mafia politica, millantando di muoversi tra procure e divise con la stessa logica “vincente” di don Vito: fare favori per ottenere favori. “Io faccio quello che minchia voglio là dentro’’ si vanta Massimuccio, che è certo di avere in tasca la matta (il re di cuori) dell’Antimafia che gli assicurerebbe, dice, la piena impunità, soprattutto per quello che gli sta più a cuore: i milioni di euro accumulati dal padre. “In gioco io ho molto di più di un’inchiesta fiscale, così gli dicono (i pm di Palermo, ndr) a quelli (di Caltanissetta, ndr) guardate che è il nostro teste d’accusa su quel che è successo negli ultimi vent’anni, non ce lo screditate per una cazzata”.
Questa e’ stata probabilmente la goccia che ha fatto tracimare il vaso, già colmo, della tolleranza nissena: subito dopo quelle parole, il figlio di don Vito, è passato in quella procura da teste ad indagato per calunnia nei confronti di Gianni De Gennaro e Lorenzo Narracci, “icona” reale dell’antimafia il primo, funzionario del Sisde il secondo, due 007 che hanno attraversato la stagione antimafia ricca ancora oggi di molte luci e qualche ombra. Calunnia a Caltanissetta e riciclaggio a Reggio Calabria, proprio per i suoi rapporti ancora da decifrare con l’imprenditore Girolamo Strangi emersi nell’intercettazione di Verona sono le nuove accuse cui Massimo Ciancimino è chiamato a rispondere.
Oggi che l’icona antimafia si sporca, e viene ricondotta nel più tradizionale alveo familiare la delusione coglie solo chi si era illuso che Massimo Ciancimino portasse con sé la bandiera dell’antimafia. Chi l’ha sempre visto come un semplice teste, si interroga soltanto su quella che il pm Antonio Ingroia definisce ‘’metamorfosi mediatica’’. E cioè la sovraesposizione di un teste dal cognome ‘pesante’, a Palermo, portato in giro, per giornali, tv e presentazioni di libri, scortato come un magistrato, ed esaltato come una star: una sovraesposizione che ha trasformato in mito antimafia il figlio minore del gran burattinaio degli affari palermitani a cavallo tra politica e mafia, che ha deciso, per motivi suoi, di rompere, con modi e tempi tutti suoi, l’omertà paterna. Tutto cio’ non inficia, però, la credibilità delle sue dichiarazioni, così come gli omicidi commessi dal pentito Marino Mannoia non hanno scalfito la forza delle sue accuse, confermate dalla Cassazione, sull’incontro tra Andreotti ed il boss Stefano Bontade.
Semmai rafforza il setaccio giudiziario attraverso cui i suoi segreti vengono passati, a cominciare dalla trattativa tra mafia e Stato: sono state le parole di Ciancimino jr a sollecitare la memoria di illustri esponenti delle istituzioni che fino a quel momento si erano ben guardati dal riferire cio’ che sapevano. A differenza dei collegi giudicanti, a Palermo e Firenze, che hanno giudicato inattendibili e generiche le parole di Ciancimino jr prima ancora di averlo ascoltato, la procura di Palermo continua a sentirlo e a valutarne le rivelazioni e i documenti. Non stupisce (come due anni fa, ma oggi c’e’ una conferma) che a dispetto dei buoni propositi il figlio di don Vito, appare abbarbicato alla sub cultura del padre: ma, al netto dei riscontri, è il prezzo che questo Paese deve pagare perche’ vengano ricostruiti brandelli di verità su un periodo oscuro lungo ben piu’ di una stagione stragista.
Le ombre, semmai, possono riguardare i motivi che lo hanno indotto a parlare, ma sono ininfluenti rispetto alla veridicita’ delle dichiarazioni e riguardano solo lui: “Mi ero rotto le scatole di proteggere tutti e pagare solo io – ha detto in un’intervista – e mia moglie (stanca dei guai giudiziari, n.d.r.) mi disse che stavo rovinando il bambino chiamandolo Vito Andrea. Con lei presi un impegno, il giorno che sarei stato condannato avrei smesso con questa vita. Da oggi voglio che mio figlio Vito sia orgoglioso di portare il cognome che porta’’. E dipende solo da lui se dovra’ rinviare il proposito di una generazione, delegando il pesante fardello a Vito Andrea.
Giuseppe Lo Bianco (ilfattoquotidiano.it, 18 dicembre 2010) Mi sembra che ci sia poco di che commentare.. se l'intercettazione è quella riportata allora è tristemente vero che le persone non cambiano mai Leggete come ci è rimasto male Benny Calasanzio il giornalista vicino a Paolo Borsellino che ha più volte intervistato il pentito Ciancimino CITAZIONE Lettera aperta a Massimo CianciminoCaro Massimo, ti scrivo una lettera aperta, senza telefonate anticipatorie e senza domande/risposte concordate. Ti scrivo e leggerai questa lettera assieme a tanti altri.Ho riflettuto molto se farlo o meno e se farlo in questo modo. Poi mi sono convinto che la trasparenza è sempre garanzia di correttezza, o almeno di buona volontà nel perseguirla. Ho letto sui giornali che alcune settimane fa ti sei recato a Verona nell’ufficio di Girolamo Strangi, indagato per ‘ndrangheta dalla Direzione distrettuale antimafia. Per affari mi pare di capire, se puliti o sporchi ancora non so. Gli indizi e le tue parole certo gettano gravi ombre su quella trasferta. La tua voce è stata registrata dalle microspie piazzate dalla squadra mobile di Reggio Calabria mentre dicevi, tra le altre cose, "Quando mi senti in televisione, tu fottitene". Come dire: quel che dico in tv, l'antimafia, il mio impegno con le Procure è solo di facciata. Tu dici che parlavate di denaro per alcuni investimenti, gli investigatori invece credono che si trattasse di un'operazione di riciclaggio. Tutto ciò lo appureranno le indagini. Il fatto è un altro. E non è giudiziario. Come ben sai, sono stato uno dei primi a darti fiducia, il primo familiare di vittime di mafia che ti ha offerto il suo sostegno e il suo appoggio: ho dato la mia fiducia al figlio di un assessore-sindaco che è stato in mano all'organizzazione criminale che ha ucciso mio nonno e mio zio. Non so se hai mai pensato a quanto sia stato complesso e difficile per me accettare di credere e difendere, anche pubblicamente, il figlio di Vito Ciancimino. Il figlio di un nemico. Mi sono esposto, ti ho addirittura intervistato pubblicamente proprio a Verona, di fronte a 400 persone, tutte venute ad ascoltare le tue verità e a sostenerti lungo il tuo percorso. Ti hanno, anche in quella sala, perdonato quella provenienza maledetta e in parte anche i tuoi reati, ti hanno chiesto di andare avanti e consentire ai magistrati di Palermo e Caltanissetta di accertare la verità sul buco nero degli anni 90, ovvero le stragi e la trattativa del nostro Stato con la mafia. Hai ricevuto inoltre, e lo ricordi bene, la solidarietà e la vicinanza di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, magistrato ucciso in tandem dagli amici di tuo padre e da parte di questo Stato. Mi hai raccontato quanto quel giorno sia stato importante per te. Quanto le parole di Salvatore ti abbiano responsabilizzato e rincuorato. Mi hai raccontato che hai fatto ascoltare quel messaggio in segreteria anche a tuo figlio Vito Andrea, dicendogli, testualmente: “Oggi per papà è un giorno importante”. Poi ci siamo sentiti molte volte, ci siamo incontrati e abbiamo stabilito un rapporto di fiducia reciproca. Mi hai comunicato i tuoi momenti di sconforto e io ho cercato di darti coraggio. Ho sempre detto quanto mi sentissi a disagio ad affidare la mia sete di verità al figlio di un mafioso, quanto fosse difficile per me ringraziare il figlio di Don Vito per aver squarciato il velo di silenzio e di oblio sulla trattativa. Dopo quanto accaduto a Verona, dopo alcune dichiarazioni “spot”, vedi quelle su De Gennaro, e dopo un'esposizione mediatica che ora sta diventando una “sovraesposizione”, ti chiedo di fermarti un momento. Sono disposto ad ascoltarti, forse anche a crederti di nuovo, ma oggi è tuo dovere morale, nei miei confronti e in quelli di Salvatore Borsellino, ma soprattutto nei confronti degli italiani e dei magistrati che hanno messo la faccia sulle tue parole, che tu dia spiegazioni chiare e nette, e che tu metta un punto definitivo su queste vicende. Non puoi seminare la scorta, non puoi incontrare personaggi in odor di mafia per affari molto poco chiari e non puoi “sparare” per bucare tv e giornali. Altrimenti a perdere sarai tu, saremo noi, sarà la verità. Certo che comprenderai il mio dolore e la mia disillusione, ti chiedo chiarezza e franchezza, anche a beneficio di quel bambino che sta crescendo e che merita un futuro dai contorni definiti, un caro saluto, Benny http://bennycalasanzio.blogspot.com/2010/1...ciancimino.html
| | |
| |
|