CITAZIONE
Ha scelto un esordio soft per la prima di "Qui Radio Londra", pur nella pesantezza del nome e della mole, puntando alto sulla paura dell’apocalisse prossima ventura che si prospetta dal Sol Levante, Giuliano Ferrara.
«Io ho paura», si mette in sintonia con i telespettatori, ma con un elogio della capacità nipponica di gestire la paura, come nella voce della giornalista che pare «il ticchettio di una macchina da scrivere», impersonale. Sottilmente il giornalista insinua il dubbio sulla scelta nucleare: «Se a Fukushima va male bisogna riflettere, meglio pensarci adesso che dopo».
Ma non condanna a priori la scelta dell’atomo (si sottintende la determinazione del governo) e invita gli italiani passionali e teatrali a «tenere al guinzaglio la paura». Se il paese di Hiroshima ora «vincerà la battaglia a Fukushima, potremo dire che anche nella più grande devastazione quella fonte indispensabile di energia per i prossimi anni è relativamente al sicuro». Controllare l’emotività, lo ha detto il ministro Romani, anche se Ferrara ha tono grave nello scandire le parole sul rischio «di fusione del materiale fissile nucleare».
Parte così la prima puntata di "Qui Radio Londra", la striscia strategica di RaiUno alle 20,35, dopo il Tg1, spazio nobile che fu del Fatto di Enzo Biagi prima dell’editto bulgaro. In diretta, Ferrara inizia con una pillola addolcita dalla costruzione del testo di cinque minuti che evoca civiltà antiche e fiducia incondizionata nel potere terreno e divino. Il programma è in diretta, autore di se stesso con due redattori di supporto, l’Elefantino ha parlato prima con il direttore di RaiUno, Mauro Mazza, e con il direttore generale Mauro Masi, dell’argomento trattato. Non la catastrofe in sé ma il modello giapponese che affronta «la paura in modo più riflessivo», tecnologico ma arcaico. Loro sì credono che «l’imperatore sia un Dio in terra». E se Dio dice al Giappone «di stare al buio» ci stanno.
Lo studio 4 di via Teulada, «occupato» dall’Elefantino facendo traslocare trasmissioni in cerca di altre scenografie virtuali, è allestito in stile anni 40 come fosse la vera Radio Londra, respiro della libertà nell’occupazione nazista. Scrivania in radica, telefono e lampada d’epoca, una sveglia sulle cinque e mezza, il logo in caratteri post futuristi.
L’esordio è di un soft-apocalittico, appena potrà Ferrara si lascerà andare nelle sue «crociate» in difesa di Silvio, magari con toghe smutandate nelle campagne «antipuritane». L’ossessione del trovare voci di destra che si possano ascoltare dovrebbe aver appagato Masi, che deve vedersela col «dante causa». L’Elefantino «occupa» quello spazio per ben 3000 euro (lordi ma personali) a puntata per cinque minuti al giorno: 15mila euro a settimana, 60mila al mese, un milione e mezzo per due anni di contratto con promessa del terzo.
Mauro Mazza, riconosce che quello di Ferrara in Rai è «un ritorno pesante» in tutti i sensi, personaggio «ingombrante e scomodo, però ha il coraggio delle sue opinioni che esprime senza alcun infiocchettamento, nessuna ipocrisia», tanto da definire Berlusconi «ferrariano» e non viceversa.
L’accordo col giornalista di...peso è stato tessuto personalmente dal direttore generale, Mauro Masi, ma ora Mazza, reduce dalle frizioni sanremesi con il Dg, ci tiene a riprendere in mano la gestione dell’affair Elefantino: «Ci siamo incontrati con lui ed in pochissimi minuti si è verificata la voglia matta di mettersi in gioco. Il classico detto: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare». Appunto, il tank messo in campo dal Palazzo. Però Mazza azzarda: «Il paragone è con Enzo Biagi», un grandissimo del giornalismo che non sempre «piaceva a tutti».
15 marzo 2011